Dalle statistiche emerge proprio questo, cioè che le Tesla siano le auto più difficili da rubare, ma cerchiamo di capire perché. Secondo quanto riportato da Electrek, che riporta i dati del National Crime Information Center del Federal Bureau of Investigation, negli Stati Uniti, nel periodo che va dal 2011 al 2018, sono state recuperate 112 Tesla sulle 115 rubate. Una percentuale così alta è imputabile soprattutto all’applicazione Tesla per smartphone che, localizzando la vettura, ci aggiorna di tutti i suoi eventuali spostamenti (un po’ come la funzione “trova iPhone”).
Tuttavia, duranti gli scorsi mesi sia in Americana che in Europa si è assistito a un pericoloso aumento di furti di Tesla. Posto che le auto alle fine sono state recuperate grazie alla funzione di localizzazione, i possessori di Tesla sono rimasti piuttosto interdetti di come un malintenzionato poteva entrare in possesso della loro auto.
Le Tesla, così come tutte le auto che adottano un sistema di apertura di tipo keyless, è soggetta alla potenziale manomissione del segnale, che può essere catturato con un semplice ricevitore e un trasmettitore collocato nei pressi della portiera).
Ha fatto molto scalpore in tal senso il video risalente alla scorsa estate, e diventato subito virale (è visibile sotto), dove due ladri, ripresi dalle telecamere di sorveglianza installate in un tranquillo quartiere di Londra, entrano in possesso di una Tesla in soli 30 secondi utilizzando il solito stratagemma del jammer impiegato per captare il segnale della chiave della vettura.
Tesla, al fine di scongiurare questo tipo di episodi, ha diffuso via mail dei suggerimenti invitando gli utenti ad attivare ulteriori step di sicurezza attraverso l’abilitazione del Pin to Drive, attivabile andando su Comandi > Sicurezza e Protezione sul touchscreen. Una volta abilitata questa funzionalità è richiesto un codice di 4 cifre per avviare l’automobile (sulla Tesla rubata in 30 secondi il pin to drive era stato momentaneamente disabilitato).
Un ulteriore barriera che è stata implementata dalla Tesla, utile a prevenire i potenziali furti e gli atti vandalici, è la modalità Sentry Mode (Sentinella), che funziona sfruttando le telecamere (una per lato) che fanno parte dell’hardware del sistema avanzato di assistenza alla guida Autopilot, avviando la registrazione quando attorno all’auto vengono rilevate attività sospette.
Questo sistema ha aiutato la polizia californiana ad arrestare un vandalo, “catturato” dalle telecamere della berlina elettrica della casa americana mentre era intento a tagliare gli pneumatici.
Possiamo quindi affermare con certezza, che se rompere le prime barriere che permettono di entrare temporaneamente in possesso di una Tesla è una cosa fattibile per un ladro abile, la cosa ben più complessa è riuscire a farla franca nel lungo periodo, proprio perché sono vetture sempre connesse, oltre che geolocalizzate. E le statistiche ci dicono proprio questo: quasi tutte le Tesla che sono state rubate (il numero dei furti è aumentato costantemente di anno in anno: 6 nel 2013, 15 nel 2014, 9 nel 2015, 28 nel 2016, 57 nel 2017 e 23 da gennaio a maggio 2018) sono state successivamente ritrovate.
Un altro punto a favore delle Tesla, sono gli aggiornamenti OTA. E proprio con un aggiornamento software è stata risolta la vulnerabilità del sistema di crittografia degli immobilizer (i dispositivi radio posizionati all’interno delle auto che comunicano, a distanza ravvicinata, con il telecomando per sbloccare le portiere) che affliggeva alcune Model S del 2018. Stessa cosa per quanto riguarda l’introduzione della modalità sentinella, anch’essa implementata attraverso un semplice aggiornamento software.
Insomma se è vero che l’interconnessione di queste vetture le rende potenzialmente violabili, è altrettanto appurato che i ladri devono avere delle avanzate competenze per disabilitare la geolocalizzazione. Poi, come detto, la Tesla è stata una delle prime aziende a puntare sugli aggiornamenti software, quindi, eventuali falle possono essere risolte con un semplice OTA.