FCA-PSA, il matrimonio che non s’ha da fare, ma che si farà

Ormai sembra essere questione di ore per l’ufficializzazione del matrimonio tra il gruppo francese PSA, che possiede i marchi Peugeot, Citroën, Opel e DS, e quello italo-americano FCA, proprietario di Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Jeep, Ram e Chrysler. Dopo un precedente tentativo avanzato dalla PSA, poi naufragato, questa volta il gruppo italo-americano sembra aver accettato la proposta del gruppo francese. Ieri infatti ci sono stati i CdA straordinari dei due gruppi per definire i dettagli dell’accordo.

Un colosso, europeo

La fusione tra la casa automobilistica italo-americana e la PSA, il secondo costruttore di auto in Europa, creerebbe un’azienda globale con un valore di capitalizzazione in borsa di 47 miliardi di dollari, circa le stesse dimensioni della giapponese Honda e in grado di produrre 9 milioni di auto l’anno. In Europa le dimensioni della coppia FCA-PSA la porterebbero a posizionarsi al quarto posto, subito dietro al gruppo Volkswagen, alla Toyota e all’Alleanza Renault-Nissan.

Inoltre, grazie alla sinergie e alle condivisioni delle piattaforme, sono possibile, entro il 2023, risparmi fino a 7 miliardi di euro.

Stando alle fonti, il presidente della FCA, John Elkann, sarà presidente anche nel nuovo board PSA-FCA dell’unità risultante dalla fusione, anche l’attuale CEO della PSA, Carlos Tavares, dovrebbe mantenere il suo ruolo.

Il governo francese giocherà un ruolo chiave

Il governo francese avrà un ruolo chiave perché la Francia è uno dei maggiori azionisti della PSA. Quindi l’esito e il futuro di questa delicata alleanza dipendono anche dal governo francese.

A guadagnarci è soprattutto la PSA

Tra tutti i costruttori che avrebbero potuto allearsi con la FCA, indubbiamente il gruppo francese rappresenta l’ipotesi meno suggestiva. La PSA infatti, così come la FCA, è poca cosa in Cina. Al gruppo italo-americano avrebbe fatto più comodo un partner con le radici nel più grande mercato automobilistico mondiale. Del resto la FCA può garantire ai francesi l’accesso dalla porta principale al mercato americano, dove la compagnia italo-americana registra i maggiori profitti grazie alle performance di Jeep e RAM. Inoltre i francesi potranno mettere le mani anche su brand premium come Alfa Romeo e, soprattutto, Maserati.

La Fiat “guadagna” l’elettrico

La FCA guadagnerebbe soprattutto nei segmenti medi in Europa, dove ormai è assente ingiustificata da tanti, troppi anni, con una gamma di prodotti ormai decotta e non all’altezza, specie dal punto di vista tecnologico. Inoltre la PSA può fornire alla Fiat le piattaforme dedicate all’elettrico e all’ibrido. Per quanto riguarda l’elettrico sappiamo che la Fiat sembra aver ormai pronta la 500 a batteria, vettura che, seppur iconica, però da sola non basta a garantire il successo in questo settore sempre più competitivo. Quindi, da questo punto di vista, ben venga la fusione.

In conclusione, come diceva il mai troppo compianto Marchionne, il settore automobilistico ha bisogno di consolidamento e le fusioni fanno parte del gioco perché le aziende automobilistiche sono attualmente costrette a sopportare una notevole pressione per via degli stringenti limiti sulle emissioni atmosferiche, che richiedono ingenti investimenti. Condividere queste spese è indubbiamente un elemento portante per la sopravvivenza del settore. Marchionne, che voleva una FCA più globale, aveva provato, invano, a bussare alle porte della General Motors. Poi Elkann ha tentato il matrimonio tra FCA e all’Allenza con Renaul-Nissan-Mitsubishi, naufragato per le ingerenze da parte del governo francese e per il mancato appoggio da parte dalla Nissan.

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