La Kawasaki lancia la prima nave al mondo preposta al trasporto di idrogeno liquido, denominata Suiso Frontier (nel video sotto si può vedere il varo della nave). Questa imbarcazione, che entrerà effettivamente in funzione entro la fine del 2020, si deve valutare all’interno del quadro programmatico di sviluppo del Giappone, che sta cercando di rendere comune l’utilizzo dell’idrogeno liquido, come avviene con il petrolio o il gas naturale.
La catena economica di approvvigionamento di idrogeno
Per perseguire questo obiettivo, la Kawasaki, nel 2016, si è unita ad Iwatani Corporation (Iwatani), Shell Japan Limited, e Electric Power Development Co. (J-POWER) formando la CO2-free Hydrogen Energy Supply-chain Technology Research Association (HySTRA). Questa organizzazione ha come finalità lo sviluppo di una catena economica di approvvigionamento di grandi volumi di idrogeno.
Il primo passo concreto del lavoro congiunto del consorzio è il progetto pilota che vede quindi protagonista la nuova nave della Kawasaki Suiso Frontier, che è stata progettata per trasportare in uno speciale serbatoio a doppio strato (attualmente in costruzione presso lo stabilimento di Harima) fino a 1.250 metri cubi di idrogeno liquido compresso e super raffreddato tra la costa meridionale dell’Australia e un terminale di scarico in costruzione a Kobe, in Giappone.
Un serbatoio super sicuro
L’idrogeno, per motivi di sicurezza, sarà compresso a 1/800 del suo volume gassoso regolare e raffreddato a -253° C per evitare che penetri attraverso le pareti del serbatoio.
In questo progetto pilota l’idrogeno sarà prodotto nella Latrobe Valley, a Victoria, Australia, attraverso un processo di gassificazione di 160 tonnellate di lignite (carbone fossile), da cui saranno ricavate 3 tonnellate di idrogeno, che sarà trasportato per 150 km fino al porto di Hastings, dove la Suiso Frontier lo raccoglierà e lo condurrà a Kobe sfruttando i suoi motori diesel-elettrici (l’immagine sotto esplicita il complesso processo di approvvigionamento).
Questo processo di produzione dell’idrogeno è tutt’altro che “green”, infatti, secondo l’organizzazione ambientale no-profit Environment Victoria, produrre tre tonnellate di idrogeno comporta un rilascio stimato di 100 tonnellate di CO2, oltre alle emissioni di gasolio per il trasporto terrestre e marittimo. Quindi, in un certo senso, questo schema di produzione dell’idrogeno potrebbe essere inquadrato come un modo per il Giappone di spostare una parte del suo inquinamento all’estero.
Nonostante questi problemi di “ciclo di vita” produttivo, il Giappone sembra fortemente motivato a far funzionare l’economia dell’idrogeno liquido. Anche la Corea, contando sul contributo del colosso Hyundai, punta molto in alto e vuole sfruttarlo al meglio attraverso le 1.200 stazioni di rifornimento, i 40.000 autobus, gli 80.000 taxi e i 30.000 camion, oltre ai sei milioni di auto a idrogeno con celle a combustibile previste entro il 2040.
La produzione dell’idrogeno rimane complessa
L’idrogeno può comunque essere prodotto in diversi modi, compreso l’utilizzo di fonti rinnovabili come il solare o l’eolico, utilizzate per generare elettricità, e, successivamente, per separare l’idrogeno dall’acqua in un processo dielettrolisi.
L’utilizzo dell’idrogeno consentirebbe poi minori emissioni (non emette CO2 o altri gas serra durante l’uso), grazie alle auto a celle a combustibile, ai camion e, potenzialmente, anche agli aerei.